Buone Scelte

Impianto elettrico: perché metterlo a norma non basta

Secondo le più recenti indagini promosse dall’Associazione per la Promozione della Sicurezza Elettrica (Prosiel) il 52% delle abitazioni costruite oltre 30 anni fa non ha ancora un impianto elettrico a norma e certificato dalla obbligatoria Dichiarazione di Conformità alla regola dell’arte.

Inoltre, i 2/3 del totale delle abitazioni italiane non rispetta le regole sulla sicurezza ed efficienza elettrica. Il consiglio è dunque di investire sempre sul buon senso e sulla sicurezza, facendo fare un check-up del proprio impianto da un elettricista per capire se e come sia necessario intervenire per metterlo in regola.

La messa a norma e il rifacimento dell’impianto

Per riportare un vecchio impianto in sicurezza, si può intervenire in due modi: mettendo a norma quello esistente o sostituirlo del tutto. Due interventi che, pur raggiungendo lo stesso obiettivo, comportano modalità di intervento profondamente diverse.

Con la messa a norma ci si limita a sostituire solo i vecchi componenti a rischio per adeguarli alle norme in vigore, lasciando tuttavia invariata l’impostazione originaria dell’impianto elettrico, dato dal numero, dimensione e posizione sia degli interruttori e delle prese, sia delle canaline incassate nei muri. È un intervento rapido e pulito, che non richiede lavori di muratura con nuove tracce.

Il rifacimento, invece, comporta la progettazione e realizzazione di un impianto nuovo, che asseconda le esigenze attuali e prevede quelle future, ottimizzando le prestazioni energetiche. Comporta un iter più lungo e costoso, che rende necessarie opere murarie.

Perché la messa a norma non è la scelta migliore

Proprio perché realizzabile con meno disagi, molti preferiscono la messa a norma rispetto al rifacimento dell’impianto. Eppure non è la scelta più oculata, perché ci si ritrova con un impianto uguale a quello precedente che, anche se più sicuro, è nato per stili di vita del passato e continuerà a non essere funzionale alle esigenze di oggi o, tanto meno, di domani.

Una volta, infatti, gli impianti erano più semplici e con molte meno prese (posizionate spesso in punti scomodi), interruttori e punti luce. Il rischio che si corre è dunque quello di ritrovarsi ancora zone o ambienti scarsamente illuminati o di essere costretti a usare delle multiprese classiche o usb (un tempo inesistenti) aggiungendo una selva di cavi volanti che riproporrebbe una questione paradossale di sicurezza.

Ma soprattutto va considerato che oggi, per essere a norma, l’impianto deve essere espandibile, garantendo che nelle canaline sottotraccia venga lasciato uno spazio libero pari almeno al 30%, per poter far passare in futuro dei nuovi cavi e ampliare l’impianto. Cosa non fattibile con la messa a norma, perché le vecchie canaline murate, peraltro più piccole di quelle di oggi, non possono essere sostituite da modelli più grandi.

Secondo le più recenti indagini promosse dall’Associazione per la Promozione della Sicurezza Elettrica (Prosiel) il 52% delle abitazioni costruite oltre 30 anni fa non ha ancora un impianto elettrico a norma e certificato dalla obbligatoria Dichiarazione di Conformità alla regola dell’arte.

Inoltre, i 2/3 del totale delle abitazioni italiane non rispetta le regole sulla sicurezza ed efficienza elettrica. Il consiglio è dunque di investire sempre sul buon senso e sulla sicurezza, facendo fare un check-up del proprio impianto da un elettricista per capire se e come sia necessario intervenire per metterlo in regola.

La messa a norma e il rifacimento dell’impianto

Per riportare un vecchio impianto in sicurezza, si può intervenire in due modi: mettendo a norma quello esistente o sostituirlo del tutto. Due interventi che, pur raggiungendo lo stesso obiettivo, comportano modalità di intervento profondamente diverse.

Con la messa a norma ci si limita a sostituire solo i vecchi componenti a rischio per adeguarli alle norme in vigore, lasciando tuttavia invariata l’impostazione originaria dell’impianto elettrico, dato dal numero, dimensione e posizione sia degli interruttori e delle prese, sia delle canaline incassate nei muri. È un intervento rapido e pulito, che non richiede lavori di muratura con nuove tracce.

Il rifacimento, invece, comporta la progettazione e realizzazione di un impianto nuovo, che asseconda le esigenze attuali e prevede quelle future, ottimizzando le prestazioni energetiche. Comporta un iter più lungo e costoso, che rende necessarie opere murarie.

Perché la messa a norma non è la scelta migliore

Proprio perché realizzabile con meno disagi, molti preferiscono la messa a norma rispetto al rifacimento dell’impianto. Eppure non è la scelta più oculata, perché ci si ritrova con un impianto uguale a quello precedente che, anche se più sicuro, è nato per stili di vita del passato e continuerà a non essere funzionale alle esigenze di oggi o, tanto meno, di domani.

Una volta, infatti, gli impianti erano più semplici e con molte meno prese (posizionate spesso in punti scomodi), interruttori e punti luce. Il rischio che si corre è dunque quello di ritrovarsi ancora zone o ambienti scarsamente illuminati o di essere costretti a usare delle multiprese classiche o usb (un tempo inesistenti) aggiungendo una selva di cavi volanti che riproporrebbe una questione paradossale di sicurezza.

Ma soprattutto va considerato che oggi, per essere a norma, l’impianto deve essere espandibile, garantendo che nelle canaline sottotraccia venga lasciato uno spazio libero pari almeno al 30%, per poter far passare in futuro dei nuovi cavi e ampliare l’impianto. Cosa non fattibile con la messa a norma, perché le vecchie canaline murate, peraltro più piccole di quelle di oggi, non possono essere sostituite da modelli più grandi.

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Paolo Manca

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